STORIA DELLE STRUTTURE OSPEDALIERE DEL MONREGALESE, DEL CEBANO E DEL TERRITORIO LANGAROLO

 

La storia delle strutture sanitarie del nostro territorio vuol essere un breve cenno a memoria di quanti nelle epoche precedenti hanno lavorato dedicandosi alla cura degli infermi.
Naturalmente i ricordi sono mantenuti vivi dagli elementi storici disponibili grazie anche all'impegno e alla sensibilità di coloro che ci tramandano gli eventi passati. 

Per l'area di Mondovì le informazioni sono state reperite da una tesi del Politecnico di Torino che ha riportato elementi desunti da testi recenti e datati e da documenti degli Archivi della Curia Vescovile di Mondovì e dell'Archivio di Stato di Cuneo.
Le notizie più antiche risalgono all'epoca medievale quando le attività delle Confraternite si indirizzarono verso i bisogni degli indigenti e degli infermi. Queste ebbero una diffusione non solo in Italia ma anche nei territori d'oltralpe. Il movimento più noto fu quello dei Disciplinanti o dei Flagellanti che presero una posizione molto critica nei confronti della ricchezza della Chiesa e della condotta delle Gerarchie ecclesiali.  I conflitti si ricomposero dopo diversi decenni e le tensioni furono progressivamente indirizzate verso i bisogni degli indigenti e degli ammalati. Le epidemie, in particolare quella della peste nera che si diffuse in Europa nella prima metà del '300, seminarono angoscia e terrore ma servirono anche a sollecitare l'attenzione delle persone più sensibili verso la partecipazione e il concreto impegno per opere di carità ed assistenza.   
A Mondovì  le Confraternite più note furono quelle di S. Antonio, S. Lorenzo, S. Francesco,  di S. Croce ( soprannominata "Batù Bleu") e di S. Stefano. 
Queste Confraternite diedero vita in epoche diverse a strutture ecclesiali di oratorio e di ricovero in diversi punti rionali della città in particolare a Piazza Maggiore, a Carassone, a Breo e a Pian della Valle.
Ogni struttura non ha avuto un percorso evolutivo lineare nello spazio e nel tempo ma ha risentito delle diverse fortune ,favorevoli od avverse, dei loro benefattori.
Dovendo essere forzatamente sintetici si ricordano i fatti salienti per ogni struttura.
In quel di Piazza Maggiore si ha conoscenza di tre piccoli ricoveri nel secolo XIV: l'Ospedale di S. Antonio, nel terziere di Vico, l'Ospedale di S. Domenico, nel terziere di Vasco e quello di Santa Croce di fronte alla Chiesa di  S. Francesco ( poi trasformata nell'attuale Cattedrale ) fondato nel 1319. . L'Ospedale di S. Croce  ebbe processi di espansione ripetuti nel 1377 e successivamente agli inizi del XV secolo e del XVI secolo  lasciando strutture esistenti tuttora.


Santa Croce Piazza

Dal momento che non c'era ulteriore possibilità di ampliare i locali  nel 1739 gli amministratori chiesero ed ottennero dalla Curia Romana la possibilità di avviare un progetto edilizio nuovo. Questo fu affidato all'Architetto monregalese Francesco Gallo che aveva da poco terminato la costruzione dell'Ospedale della " S.Trinità" di Fossano. Venne scelta un'area lontana dal centro abitativo in contrada di Damascena in prossimità della Chiesa dei Frati Minori tra la porta di Breo e quella di Carassone. L'opera fu ultimata nel 1743 ed è stata utilizzata per tale finalità fino al 2009.


Vecchio ospedale di Piazza

Vecchio ospedale di Piazza 

Nel 1934, con generoso contributo del Prof. Amedeo Michelotti, famoso storico, fu aggiunto un padiglione , a lui dedicato, a monte della struttura del Gallo utilizzato per diversi anni per la cura dei malati affetti da tubercolosi e successivamente come padiglione per la medicina interna.

MIchelotti

La struttura ospedaliera di Mondovì Carassone ebbe origine grazie alla Confraternita dei Disciplinati Mediani di S. Antonio Abate, S. Giovanni e S. Evasio  alla quale fu affidato nel 1556 un lascito  di un certo Pietro Arghesio vincolato alla costruzione di un ricovero per i poveri. Il ricovero fu eretto di fronte alla Chiesa di S. Evasio ma ebbe scarsa fortuna per le difficoltà finanziarie nonostante la fusione delle tre Confraternite e la creazione di un Monte di Pietà nel 1586. Le vicende finanziarie non migliorarono nel corso del XVII secolo nonostante numerosi lasciti.


Sant' Evasio

Nel 1756 un ricco cittadino, tal Giuseppe Botta, fece un importante lascito. L'esecutore testamentario, Giovanni Battista Cordero di Pamparato, in accordo con la vedova, propose la costruzione sia di un ricovero sia di un  corpo di fabbrica per la produzione di panni, in modo da garantire un sostentamento duraturo all'iniziativa e propose altresì di avvalersi della collaborazione e dell'esperienza professionale di un negoziante, tal Giovanni Benedetto Tempia. Ne nacque però una controversia con il Vescovo della diocesi Michele Casati favorevole invece ad una struttura ospedaliera più ampia e più adatta allo scopo assistenziale. Si diede invece inizio ai lavori per la costruzione del lanificio che non ebbe aimè grande fortuna anche per la morte del Tempia. Anche i suoi successori non migliorarono la situazione finanziaria. Dopo dibattiti inconcludenti nel 1789 l'Amministrazione decise  la costruzione del nuovo ospedale  affidato all'Architetto Giuseppe Borio.  Fra il 1795 e il 1797 la struttura, in edificazione, fu adibita ad uso militare e depredata di ogni bene "ad uso degli infermi e mendici". Si riprese poi l'attività di ricovero nel corso del 1800 fino alla fusione con la struttura di Borgo Toscana.


Carassone

Nel rione Piano della Valle la storia dell'ospedale di Santa Maria della Pila ebbe un percorso altrettanto accidentato. Il processo nacque in seguito alla divisione interna alla Confraternita di S. Stefano che sosteneva un'attività di ricovero nell'antico Palazzo cinquecentesco dei Gazzani in via S. Agostino. Gli abitanti del rione Piano della Valle, separandosi dalla Confraternita di S. Stefano, fondarono quella dell'Oratorio di S.Maria della Pila ed ottennero dal Vescovo Monsignor Carlo Argentero, nel 1606, la possibilità di disporre di un terzo delle elemosine delle Parrocchie. Con queste fu comprata una cascina per sostenere i bisogni dell'assistenza. Tuttavia non si poté dare subito una sede ad un ospedale autonomo e solo nella metà del XVIII secolo, in seguito ad una donazione della Compagnia del S.S. Sacramento, si acquistò una casa situata nei pressi della porta di Roccaforte che poté ospitare pochi letti di ricovero. Nel 1768 venne decisa la costruzione di un nuovo fabbricato in un'area adiacente su disegni dell'Architetto Bernardo Vittone che poté accogliere 4 posti letto nel 1778 poi innalzati a 6 nel 1815. In seguito fu costruito uno scalone tra il piazzale della struttura e la sottostante via per il Santuario di Vicoforte. Con l'impegno finanziario del reverendo Michele Baruffi,  nella prima metà del 1800, la struttura passò prima a 18 posti letto,e in seguito,con la sopraelevazione, a 40. Nel 1921 ci fu la fusione dell'Ospedale con la struttura di S. Francesco di Borgo Toscana e l'edificio fu trasformato in scuola.


Garelli

Nell'attiguo rione di Breo le Confraternite di San Francesco e dei Disciplinanti Bianchi di S. Stefano gestivano locali di ricovero nel palazzo antistante la Chiesa di S. Stefano, denominato palazzo dei Gazzani, donati un certo Giovanni Antonio Callò nel 1574.


Palazzo Gazzani

Questi stabilì anche che detti locali fossero denominati " Ospedale di S. Francesco" e che sulla facciata dell'abitazione fosse dipinta l'effigia del Santo. Tutto questo si realizzò solo dopo la morte della moglie nel 1601. Fino al 1739 in tale ricovero erano disponibili 4 letti. La Confraternita, scissasi da quella di Piano della Valle, si occupò della gestione dell'opificio e delle offerte per i poveri. Un importante benefattore, Giovanni Maria Promis, si fece promotore per la costruzione di una nuova struttura più adeguata in località borgo Toscana terminata nel 1774 su disegno dell'architetto Francesco Giuseppe Trona. La struttura ospedaliera crebbe tanto che nel 1876 disponeva di 40 posti letto e fu riconosciuta con decreto regio dal Regno d'Italia. Sul finire del 1800 furono adibiti posti letto anche per malati cronici. Durante il corso della 1° guerra mondiale fu anche utilizzato come Ospedale delle retrovie per i feriti di guerra.  Data la sua superiorità strutturale l'Ospedale di S. Francesco inglobò nel 1921 e nel 1926 i due ospedali di S.Maria della Pila e di S.Antonio Abate che vennero chiusi.


Battaglia

In città rimasero così due Nosocomi: quello di S.Croce a Piazza e quello di S.Francesco a Breo. Ma la loro coesistenza fu breve perché nel 1931 anche la struttura di Borgo Toscana venne convertita in scuola rimanendo operativo solo l'ospedale di Piazza. D'altra parte con il nuovo secolo la motorizzazione dei mezzi di trasporto facilitò lo spostamento dei malati.
Tuttavia il tempo inclemente anche per la struttura del S.Croce di Piazza a causa della tumultuosa rivoluzione industriale post-bellica che in alcuni decenni rese insufficienti ed inadeguati i locali del S.Croce per le nuove necessità cliniche e diagnostiche della moderna medicina. Fu così che nel 1997 l' ASL 16  Mondovì-Ceva presentò la documentazione in Regione Piemonte per partecipare al bando Ministeriale del '88, reso di nuovo disponibile con i nuovi fondi degli anni '90, per la costruzione di una nuova struttura. Approvato il progetto anche da parte della Regione i lavori ebbero inizio nel 2002 e terminarono nel dicembre del 2006. Nel maggio 2009 l'attività sanitaria si spostò dall' edificio del Gallo nei nuovi locali in regione S. Rocchetto. l'Ospedale prese il nome di Regina Montis Regalis nome che vuole essere ampiamente inclusivo dei confini territoriali delle valli del monregalese e dei dintorni.


Nuovo ospedale Mondovì

Per la zona di Ceva i dati riportati sono stati reperiti dal lavoro effettuato dagli Associati di "Ceva nella Storia".
In quel di Ceva gli elementi storici risalgono al medioevo intorno al XIV secolo. Le incombenze sanitarie erano curate da Confraternite all'interno delle mura cittadine; quelle conosciute sono :  C. dello Spirito Santo, di Santa Maria, di Santa Caterina e quella dei Cavalieri Gerosolimitani. Nel XV secolo le Confraternite rimaste erano solo più due: gli Umiliati di Santa Caterina e i Disciplinati o Battuti di Santa Maria. Le due Confraternite spostarono la loro attività al di fuori delle mura cittadine in corrispondenza della riva destra del Cevetta per evidenti motivi di igiene e di separazione dei malati dal contesto urbano. La collocazione era in corrispondenza della località oggi detta Nosalini.
Il 6 luglio 1584 l'alluvione del Cevetta distrusse le chiese delle due Confraternite e l'Ospedale di Santa Caterina e solo quello di Santa Maria rimase attivo. Le strutture religiose vennero ricostruite ma rimase un unico ricovero che fu ampliato.
Nel 1678 il Vescovo di Alba , monsignor Vittorio Nicolino Della Chiesa, nel corso di una visita pastorale, sollecitò la fusione delle due Confraternite che ebbe luogo il 18 settembre di quell'anno dando vita alla " Arciconfraternita di Santa Maria e di Santa Caterina". Questa incaricò l'Architetto Guarini di erigere un progetto per una struttura ecclesiale e di ricovero all'interno del contesto urbano in Piazza Maggiore. Entro la fine del 1682 l'edificio destinato al ricovero fu ultimato ma l'Autorità comunale ne variò la destinazione d'uso diventando così la sede dell'Amministrazione Pubblica mentre l'attività ospedaliera rimase nella sede precedente.
Nella seconda metà del XVIII secolo si registrò una netta separazione tra l'attività dell'Ospedale e dell'Oratorio all'interno della Arci-confraternita con la nomina di due amministrazioni separate.
Agli inizi dell '800 il convento di San Francesco, attiguo alla struttura ospedaliera, venne soppresso in seguito a disposizioni napoleoniche e pertanto l'Ospedale si spostò nei locali del Convento, si ampliò e lì rimase fino al 1990.


Vecchio ospedale di Ceva

Con la legge 132/1968 il sistema degli ospedali cambiò e questi, da enti di assistenza e beneficenza, divennero Enti Pubblici. Nell'ambito del riordino delle attività ospedaliere, essendo limitate le aree accessorie relative alla struttura dell'ospedale, venne accantonata l'idea della sua ristrutturazione e si provvide ad erigere una nuova struttura in sito periferico in zona San Bernardino dove è ora. Il nuovo ospedale è stato denominato " Poveri Infermi".

 
Ceva

A  Carrù' l'Ospedale fu edificato nel 1559 per lascito di un sacerdote, certo don Luigi Garneri. La struttura svolse a lungo la funzione di assistenza e beneficenza fino all' inizio del XX secolo. Negli anni 20 e 30' i servizi si fecero sempre più tecnici, con funzione di vero Ospedale in quanto furono approntate  una sala chirurgica e un reparto di maternità. Tali attività continuarono fino al dopoguerra grazie all'impegno dei medici locali e coadiuvati da specialisti provenienti dagli Ospedali delle città della  provincia. Tale attività terminò intorno alla metà degli anni 70.'


Carrù

A Dogliani, alla fine dell'500, operava la Confreria del Santo Spirito, denominata anche "Hospedale o Confraria del Santo Spirito", che possedeva una casa per ospitare i poveri e i malati nella regione Salita al Castello. Nel 1584 la Compagnia presentò una supplica all' Autorità per costruire un nuovo edificio e solo nel 1608 ottenne l'autorizzazione a vendere i beni della Confreria per comprare una casa da destinare ad Ospedale in località fuori Porta Sottana, sul prato del Convento del Carmine. Nel 1643 la " Casa dell'Ospedale" veniva affidata alla Compagnia della Misericordia che diede alla struttura il nome di San Giovanni Battista, protettore della Compagnia. L'Ospedale, sito davanti alla chiesa Parrocchiale, fu edificato e gestito dalla Confraternita locale .


Nel 1878 fu costituito un comitato pro-erigendo il nuovo Ospedale nel quale si annoverano: il Cav. Carlo Alfonso Drochi, il Conte Giuseppe Marenco di Castellamonte, il Canonico Bassignana Francesco, il Conte Vittorio Vassallo di Castiglione, il Cav. Arch. Giovanni Battista Schellino,il Sac. Fortunato Cerri, Montaldo Felice e Seghesio Marziano. Il nuovo edificio, in stile eclettico su tre piani, fu costruito in prossimità della Chiesa Parrochiale SS. Quirico e Paolo, da poco eretta nel 1870. Entrambe le strutture furono edificate su progetto dell'architetto Schellino, che seguì anche l'esecuzione dei lavori. La costruzione fu ultimata nel 1888. L'attività sanitaria venne svolta con impegno e con dedizione dai medici locali e solo negli anni 30' del XX secolo venne attrezzata una sala operatoria per piccoli interventi chirurgici ed ostetrici. Anche a Dogliani la struttura fu in piena attività fino al secondo dopoguerra. Intorno alla metà degli anni 60' le cure specialistiche furono interrotte.


Dogliani

A Murazzano , annesso al Santuario della Madonna di Hal del secolo XVII, fu costruito nella seconda metà del 1600 un convento per ospitare i frati Filippini a cui fu affidata la cura della chiesa. All'epoca della campagna militare in Italia di Napoleone entrambi gli edifici furono requisiti dai francesi. Un sacerdote, appartenente ad una delle famiglie nobili più importanti del paese, don Celestino D'Aste, canonico di Torino, agli inizi dell'800 li riscattò dall'amministrazione francese e alla sua morte li donò al paese. Per sua volontà il convento fu trasformato nell'ospedale del paese. L'edificio svolse la stessa funzione degli edifici di Carrù e di Dogliani fino all'inizio degli anni 70'.


Murazzano

Tutti e tre gli Ospedali delle Langhe svolsero un' importante funzione soprattutto durante la seconda guerra mondiale, in particolare  dopo l'8 settembre, durante la guerra partigiana, quando a causa delle difficoltà di trasporto e dell' insicurezza delle strade venne resa necessaria una pronta ed adeguata assistenza in loco. La sicurezza dei trasporti nel dopo- guerra e la progressiva evoluzione della tecnica resero i piccoli ospedali non più adatti al mantenimento degli standard sanitari sia per i costi della tecnologia sia per la disponibilità delle risorse umane.